Sezione I

Per mio figlio

Ho spalancato una finestra nel mio cuore,
non vi sono sbarre,
ma tende velate.
Ti ho tenuto la mano
per condurti tra sentieri
tintinnanti di giunchi e fiordalisi,
ma un perverso incantesimo
li ha cosparsi di rovi:
ci siamo punti, lacerati. Ti ho trattenuto
per curarti le ferite
ti ho aiutato a volare
tra l’uragano dei sentimenti, sul mare in tempesta.
Ho riscaldato al sole
del mio amore
le tue tumide ali. Il mio amore, puro
come una colomba che si libera in volo.
Non voglio trattenerti,
ma c’è una porta
nel mio cuore
che restarà aperta
per quando vuoi tornare

“Oggi non è più possibile parlare d’arte nei termini di un’essenza categoriale e immutabile dello spirito, ma come mutevole realtà, il cui stesso significato muta a seconda delle epoche, e può persino identificarsi, di volta in volta, con il mito, la religione, la società, la tecnologia; la cui comprensione o incomprensione varia del pari d’epoca, da individuo a individuo”

Questa affermazione di Gillo Dorfless, in parte, sembra riflettere sulla complessa e ricca produzione dell’artista Jole Caleffi. È indubbio che il concetto di arte si sia aperto alle diverse influenze e contaminazioni, non solo stilistiche, ma di contenuto, proprio a riferimento della molteplicità delle forme espressive, comunicative e tecnologiche. La vasta produzione di Jole Caleffi ci suggerisce, invece, altre considerazioni e valutazioni che hanno come sfondo principale la realizzazione intima di un élan vital che ha in sé motivi di ricerca profonda del Tempo e del suo inesorabile divenire.

Questo penso sia il leit-motiv che ricorre periodicamente e condiziona le stagioni artistiche della Caleffi, stagioni attraversate da esperienze di varia natura, con anche il desiderio di sperimentare nuove forme comunicative ed estemporanee come la performance. Quest’ultima esperienza è stata coltivata e fatta oggetto di rappresentazione pubblica, quasi una sfida rispetto alle varie mode che negli anni ’70, prevalentemente, rischiavano di appiattire il senso comune e il desiderio di apparire out.

Il tema scelto era legato alle influenze della psicanalisi, in particolare la rappresentazione della Vita e morte dell’Eros.

Un percorso sull’estetica del Narciso nella società post-industriale: le forme del mito e delle ideologie della bellezza nella raffigurazione dell’Eros che muore privo delle sue irresistibili seduzioni. È la perdita delle idee di bellezza, non in senso astratto, ma concreto: tutti gli oggetti che vivono attorno e con noi hanno perso la loro primitiva attrazione e pragmaticità.

Franchino Falsetti